Gentile
Signora Costanza Miriano;
Sono
una donna cattolica che riceve frequentemente i sacramenti (messa ogni giorno),
e che nella recita quotidiana del Santo Rosario trova le forze per affrontare
la vita.
Non
condivido l’opinione di Lilli Gruber. Ma sono molto sorpresa anche della
semplificazione che lei fa di questi problemi, il suo parere non è quello che
io vorrei dire, perciò non mi indentifico con il titolo del suo articolo:
“Quello che le donne vorrebbero dire”, neppure con il suo pensiero.
Mi
sorprende leggere che lei dica che bastano le denunce, quando ci sono tanti
femminicidi, in cui sono state
uccise donne che non sono state protette nonostante
le loro denunce. Mi meraviglia anche la leggerezza con cui lei
afferma che non esisterebbe il problema degli stipendi più bassi per il lavoro
fatto da una donna in confronto con quello di un uomo che fa lo stesso lavoro, perché mancano prove obiettive. Eppure ci sono molte donne che affermano di aver patito
per quella situazione. Giacché essendo quella una discriminazione illegale, si
cerca di occultarla, facendo così più difficile il suo accertamento.
Dato
che lei ha parlato di Giovanni Paolo II trascrivo
questo brano della sua LETTERA APOSTOLICA
MULIERIS DIGNITATEM (Dignità della donna) :
“La descrizione biblica del Libro della Genesi delinea
la verità circa le conseguenze del peccato dell'uomo, come indica, altresì,
il turbamento di quell'originaria relazione tra
l'uomo e la donna che corrisponde alla dignità personale di ciascuno
di essi. L'uomo, sia maschio che femmina, è una persona e, dunque, «la
sola creatura che sulla terra Dio abbia voluto per se stessa»; e nello stesso
tempo proprio questa creatura unica e irripetibile «non può ritrovarsi se non
mediante un dono sincero di sé». Da qui prende inizio il rapporto di
«comunione», nella quale si esprimono l'«unità dei due» e la dignità personale
sia dell'uomo che della donna. Quando dunque leggiamo nella descrizione biblica
le parole rivolte alla donna: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ma egli ti dominerà» (Gen 3, 16), scopriamo una rottura e una
costante minaccia proprio nei riguardi di questa «unità dei due», che
corrisponde alla dignità dell'immagine e della somiglianza di Dio in ambedue.
Tale minaccia risulta, però, più grave per la donna. Infatti, all'essere un
dono sincero, e perciò al vivere «per» l'altro subentra il dominio: «Egli ti
dominerà». Questo «dominio» indica il turbamento e la perdita della
stabilità di quella fondamentale eguaglianza, che
nell'«unità dei due» possiedono l'uomo e la donna: e ciò è soprattutto a sfavore
della donna, mentre soltanto l'eguaglianza, risultante dalla dignità di ambedue
come persone, può dare ai reciproci rapporti il carattere di un'autentica «communio
personarum». Se la violazione di questa eguaglianza, che è insieme
dono e diritto derivante dallo stesso Dio Creatore, comporta un elemento a
sfavore della donna, nello stesso tempo essa diminuisce anche la vera dignità
dell'uomo. Tocchiamo qui un punto estremamente sensibile nella
dimensione di quell'«ethos» che è inscritto originariamente dal
Creatore già nel fatto stesso della creazione di ambedue a sua immagine e
somiglianza”.
Come
dice il grandissimo Papa Santo, Giovanni
Paolo II, per il peccato si è rotta l’originale
relazione tra uomo e donna che corrisponde alla dignità personale dell’uno e
dell’altra, dato che sono stati creati a immagine
e somiglianza di Dio ambedue. Questo
comporta un turbamento nella relazione di comunione tra di loro, soprattutto a
sfavore della donna. È questo un punto che
spesso si dimentica, anche dalle donne che trovano così normale quelle
situazioni ingiuste, che non se ne accorgono nemmeno che ci sono.
Molte
donne che dicono di parlare con la voce delle donne, non vedono questo
problema, e sono spesso durissime nel criticare le altre donne, invece di
comprenderle e aiutarle a trovare la via giusta, segnalando e cercando di
cambiare questo squilibrio che si presenta come una conseguenza del peccato
nelle famiglie e nella società.
Temo
addirittura che presentata la donna cattolica in questo modo, si crei un
impedimento per aiutare la conversione di molte donne che patiscono tanti
dolori per queste ingiustizie.
Devo
ammettere che in passato ero rimasta perplessa con il suo libro
“Sposati e sii sottomessa”. Ma grazie a Dio, ho trovato sollievo, nella
LETTERA APOSTOLICA MULIERIS DIGNITATEM di Giovanni Paolo
II che ha trattato e spiegato chiaramente questo tema in questo
modo: “La
sfida, però, dell'«ethos» della redenzione è chiara e definitiva. Tutte le
ragioni in favore della «sottomissione» della donna all'uomo nel matrimonio
debbono essere interpretate nel senso di una «reciproca sottomissione» di
ambedue «nel timore di Cristo». La misura del vero amore sponsale trova la sua
sorgente più profonda in Cristo, che è lo Sposo della Chiesa, sua Sposa”.
Giovanni Paolo II ci dice anche come superare questa cattiva
eredità del peccato a sfavore delle donne, che ha conseguenze ingiuste nelle famiglie
e nella società:
“Perciò, anche la giusta opposizione della
donna di fronte a ciò che esprimono le parole bibliche: «Egli ti
dominerà» (Gen 3, 16) non può a nessuna condizione condurre
alla «mascolinizzazione» delle donne. La donna - nel
nome della liberazione dal «dominio» dell'uomo - non può tendere ad
appropriarsi le caratteristiche maschili, contro la sua propria «originalità»
femminile. Esiste il fondato timore che su questa via la donna non si
«realizzerà», ma potrebbe invece deformare e perdere ciò che
costituisce la sua essenziale ricchezza. Si tratta di una ricchezza
enorme. Nella descrizione biblica l'esclamazione del primo uomo alla vista
della donna creata è un'esclamazione di ammirazione e di incanto, che
attraversa tutta la storia dell'uomo sulla terra.
Le risorse personali della femminilità non sono certamente minori delle
risorse della mascolinità, ma sono solamente diverse. La donna dunque - come,
del resto, anche l'uomo - deve intendere la sua «realizzazione» come persona,
la sua dignità e vocazione sulla base di queste risorse, secondo la ricchezza
della femminilità, che ella ricevette nel giorno della creazione e che eredita
come espressione a lei peculiare dell'«immagine e somiglianza di Dio». Solamente
su questa via può essere superata anche quell'eredità del peccato che
è suggerita dalle parole della Bibbia: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ma egli ti dominerà». Il superamento di questa cattiva eredità è, di
generazione in generazione, compito di ogni uomo, sia donna che uomo. Infatti,
in tutti i casi nei quali l'uomo è responsabile di quanto offende la dignità
personale e la vocazione della donna, egli agisce contro la propria dignità
personale e la propria vocazione”.
Cordiali saluti. Dio la benedica.
ML
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