«Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gv 8,12

«Yo soy la luz del mundo. El que me sigue no andará en tinieblas, sino que tendrá la luz de la Vida». Jn 8,12

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venerdì 27 gennaio 2017

Ancora su Benedetto XVI e il Concilio Vaticano II - Más sobre Benedicto XVI y el Concilio Vaticano II





El texto en español está abajo

Ratzinger e il Concilio: «Lì fu chiaro chi fa la Chiesa: l’azione dello Spirito»

12 Marzo 2013 | Emmanuele Michela

Quanto è attuale oggi, giorno d’apertura del Conclave, la lezione di Benedetto XVI sul “Concilio dei Padri” e quello “dei media”. Lo spiega don Andrea Bellandi.

Giorni di Conclave, congregazioni, incontri e dialoghi. Il futuro della Chiesa inizia a delinearsi oggi, con l’ingresso questo pomeriggio dei Cardinali nella Cappella Sistina per eleggere il 266esimo Papa della storia. Tra indiscrezioni, pronostici, favoriti e “papabili”, tanti giornali sono caduti nel rischio di tratteggiare l’evento solo come un gioco di strategia e potere, parole fin troppo inflazionate quando si parla di Chiesa. Ma appena prima di ritirarsi Benedetto XVI ha avuto parole anche per la Chiesa dipinta dai media, raccontando, durante l’incontro col clero romano, uno dei momenti fondamentali della sua formazione e di tutta la storia ecclesiale: il Concilio Vaticano II. Una lezione ricca e puntuale, dove emerge tutta la straordinarietà di quell’evento, il clima cordiale che spinse i partecipanti ad abbandonare l’atmosfera già “preconfezionata” per potersi invece conoscere un po’ meglio, e un affondo finale sulla differenza tra il “Concilio dei Padri” e il “Concilio dei media”. Temi che abbiamo approfondito insieme a don Andrea Bellandi, docente di Teologia fondamentale alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale.  

Pochi giorni dopo l’annuncio della sua rinuncia, Benedetto XVI ha parlato del Concilio Vaticano II. Che importanza ha rifarsi in questo momento a quell’evento così significativo?
Credo che la ragione stia nella frase che il Papa ha citato anche all’ultimo discorso ai cardinali, quella di Romano Guardini: «La Chiesa si risveglia nelle anime». Per Ratzinger il Concilio Vaticano II è un evento di importanza ecclesiale enorme, dove la Chiesa si è riscoperta nuovamente nella sua natura più profonda. In fondo, i documenti principali del Concilio guardano alle questioni cardine della Chiesa, ossia la liturgia come sua radice frutto dell’iniziativa di Dio, poi la parola di Dio con la costituzione Dei Verbum, la Lumen Gentium sulla Chiesa e infine la Gaudium et Spes per la Chiesa nel mondo contemporaneo.

Che importanza ha avuto il Concilio per la formazione di Benedetto XVI?
È stata una straordinaria esperienza, vissuta con grande entusiasmo. Intanto lo ha messo a contatto con alcune figure molto grandi: vescovi, teologi come De Lubac, Rahner, Congar… Poi gli ha offerto la possibilità di assaporare un respiro universale della Chiesa, in un momento in cui si stava già delineando quel processo che ora purtroppo vediamo in tutte le sue conseguenze, cioè il suo distacco dalla vita della gente. In quel Concilio si è ripresa in mano la necessità della testimonianza che la Chiesa deve offrire al mondo. Per Ratzinger tutto ciò ha rappresentato la possibilità di influire su alcuni dei fondamenti di quel momento cruciale della Chiesa. Come ad esempio la Dei Verbum: la domanda allora era se la rivelazione venisse comunicata all’uomo solo attraverso Scrittura, e quindi se questa si riducesse al solo testo, oppure se fosse espressione di una vita consegnata da Cristo alla Chiesa, dentro alla quale la Scrittura stessa gioca il suo ruolo. Il discorso ovviamente rimane attuale anche oggi: si incontra il Signore nella sola Parola, o nella vita del suo corpo?
Singolare poi è leggere quel passaggio in cui il Papa racconta del clima un po’ preconfezionato dei primi giorni di Congresso e di come i cardinali chiesero tempo per conoscersi un po’, ed essere soggetti loro stessi del Congresso…


In questo senso mi sembra che al Concilio si sia preso più coscienza di chi fa la Chiesa: strategie ed organizzazione, come per altro al Sinodo, nella sua bellissima omelia, Benedetto XVI accusava come tentazione, oppure se la fa l’azione dello Spirito del Signore. All’inizio del Concilio si trattava di scegliere tra queste alternative: o iniziare un Concilio già deciso, con schemi e persone preventivamente scelte, oppure mettersi in ascolto di ciò che effettivamente lo Spirito stava facendo. Per questo, però, c’era bisogno di parlarsi, conoscersi, confrontarsi. È un po’ la stessa cosa che in questi giorni è successo a Roma, fatte ovviamente le dovute distinzioni: i cardinali prima di entrare in Conclave si son presi un po’ di tempo per dialogare ed ascoltarsi.

Alla fine della sua lezione al clero romano, Benedetto XVI si sofferma poi sulla distanza tra il concilio dei Padri e quello dei media. Una distanza purtroppo evidente ancora adesso…
Paradossalmente ancora di più oggi. Di fatto l’influsso dei media sulla coscienza della gente è chiaramente più grande ora di cinquant’anni fa. È grande il rischio che anche tra gli stessi credenti passi un’idea di Chiesa e di rapporto tra vescovi e cardinali che non sia secondo logiche di fede ma politiche. Di fatto il Papa alla fine di questo discorso ha fatto capire l’influenza che questa posizione ha avuto nel post-Concilio, dove le tematiche sono state sviluppate secondo una logica del mondo e non quella di fede. Ad esempio, Benedetto XVI parla della liturgia: l’interesse che la liturgia non fosse una cerimonia riservata ai soli preti si trasformò sia in una visione orizzontalista e quasi attivistica, cioè quasi un’espressione più del nostro sentimento che del effettivo Mistero che lì si compie. Oppure l’idea della “collegialità” dei Vescovi: era un concetto teologico, cioè il fatto che la Chiesa è affidata al successore di Pietro e anche a tutti i Vescovi. Ecco, questo è stato riletto secondo canoni di democraticismo e di “parlamentarismo”.

Rimanendo sul tema della “collegialità”, interessante è quanto diceva il Papa sulla Chiesa, che proprio in quel Concilio si riscoprì nella sua natura di «Corpo mistico di Cristo»: «non è un’organizzazione, qualcosa di strutturale, giuridico, istituzionale – anche questo -, ma è un organismo una realtà vitale, che entra nella mia anima, così che io stesso, proprio con la mia anima credente, sono elemento costruttivo della Chiesa come tale». E da qui arriva poi ad affermare l’importanza della “collegialità”. Ci aiuti a capire il valore di questa parola, allora come adesso.
“Collegialità” vuol dire rispettare la struttura che Cristo ha inteso dare alla sua Chiesa fin dall’inizio, cioè ha voluto chiamare 12 apostoli: non uno solo, ne tanti indiscriminatamente, ma alcuni uomini che fossero il segno vivo e autorevole della sua Presenza. Quindi la Chiesa riscoprendo la collegialità ha riscoperto una categoria che al Concilio forse non fu molto sviluppata, ma molto importante: la Chiesa come comunione. Questo vale sia come struttura gerarchica della Chiesa, che per ogni fedele: è una comunione dove anche il singolo battezzato con la sua fede ed il suo sì edifica questo corpo.

Il Papa però, chiudendo il suo discorso, ha stupito tutti: «Mi sembra che, 50 anni dopo il Concilio, vediamo come questo Concilio virtuale si rompa, si perda, e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale». In base a cosa può proclamare la sua vittoria?
In questi ultimi trent’anni siamo stati testimoni di alcune devastazioni o calamità (come le chiama Ratzinger) che questo post-Concilio virtuale ha generato, è vero. Ma abbiamo visto anche una ripresa maggiore di consapevolezza da parte del laicato: il papato di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI sono stati generatori di una ripresa di coscienza e di vita del popolo cristiano, a livello di parrocchie, associazioni, movimenti…  Qui si vive un cammino di fede che forse oggi, rispetto a 50 anni fa, è più ristretto come numero ma più profondo e più sentito rispetto ad un cattolicesimo di tradizione: era dominante a livello esteriore nel secondo dopoguerra ma già allora nascondeva  delle crepe. Sotto gli ultimi due pontificati sono emersi in tutta la loro bellezza alcuni segnali inequivocabili di vita.

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(español)

Traducción de David

RATZINGER Y EL CONCILIO : «ALLÍ FUE CLARO QUIEN HACE LA IGLESIA: LA ACCIÓN DEL ESPÍRITU»
Emmanuele Michela | 12.03.2013

Cuanto es actual hoy, día de apertura del Cónclave, la lección de Benedicto XVI sobre el “Concilio de los Padres” y aquello “de los medios”. Lo explica el padre Andrea Bellandi.

[...] apenas antes de retirarse, Benedicto XVI tuvo palabras también para la Iglesia pintada por los medios, contando, durante el encuentro con el Clero romano, uno de los momentos fundamentales de su formación y de toda la historia eclesial: el Concilio Vaticano II. Una lección rica y puntual, donde emerge todo lo extraordinario de aquel evento, el clima cordial que empujó a los participantes a abandonar la atmosfera ya “preconfeccionada” y en cambio poder conocerse un poco mejor, y una estocada final sobre la diferencia entre el “Concilio de los Padres” y  el “Concilio de los medios”. Temas que hemos profundizado juntos al padre Andrea Bellandi, profesor de Teología fundamental en la Facultad teológica de la Italia Central.

Pocos días después del anuncio de su renuncia, Benedicto XVI habló del Concilio Vaticano II. ¿Qué importancia tiene en este momento aquel evento tan significativo?

“Creo que la razón está en la frase que el Papa citó también en su último discurso a los cardenales, aquélla de Romano Guardini: «La Iglesia se despierta en las almas». Según Ratzinger el Concilio Vaticano II es un evento con una enorme importancia eclesial, donde la Iglesia se descubrió nuevamente en su naturaleza más profunda. En el fondo, los documentos principales del Concilio miran a las cuestiones que son el pernio de la Iglesia, o sea la Liturgía como su raíz fruto de la iniciativa de Dios, pues la Palabra de Dios con la constitución Dei Verbum, la Lumen Gentium sobre la Iglesia y finalmente la Gaudium et Spes para la Iglesia en el mundo contemporáneo.”

¿Qué importancia tuvo el Concilio para la formación de Benedicto XVI?
“Fue una extraordinaria experiencia vivida con gran entusiasmo. Mientras tanto lo puso en contacto con algunas figuras muy grandes: obispos, teólogos como De Lubac, Rahner, Congar… Pues le ofreció la posibilidad de saborear un respiro universal de la Iglesia, en un momento en el cual se estaba ya delineando aquel proceso que ahora lamentablemente vemos en todas sus consecuencias, es decir su separación de la vida de la gente. En aquel Concilio se ha retomado la necesidad del testimonio que la Iglesia debe ofrecer al mundo. Para Ratzinger todo eso ha representado la posibilidad de influir sobre algunos de los fundamentos de aquel momento crucial de la Iglesia. Como por ejemplo la Dei Verbum: la pregunta entonces era si la revelación fuese comunicada al hombre sólo a través de la Escritura, y por tanto si ésta se redujera al solo texto, o si fuese expresión de una vida entregada por Cristo a la Iglesia, dentro de la cual la Escritura misma juega su papel. El discurso, obviamente, queda actual también hoy: ¿se encuentra al Señor en la Palabra solamente, o en la vida de su cuerpo?”

Singular, pues, es leer aquel pasaje en el cual el Papa cuenta acerca del clima un poco preconfeccionado de los primeros días del Congreso y de como los cardenales pidieron tiempo para conocerse un poco, y ser sujetos ellos mismos del Congreso ...

“En este sentido me parece que en el Concilio se tomó más conciencia de quien hace la Iglesia: estrategias y organización, como además en el Sínodo, en su bellísima homilía, Benedicto XVI acusaba como tentación, o si la hace la acción del Espíritu del Señor. Al comienzo del Concilio se trataba de elegir entre estas alternativas: o empezar un Concilio ya decidido, con esquemas y personas previamente elegidas, o ponerse a escuchar lo que de hecho el Espíritu estaba haciendo. Por eso hubo la necesidad de hablarse, conocerse, confrontarse. Es un poco la misma cosa que en estos días ha sucedido en Roma, con obviamente las debidas distinciones: los cardenales antes de entrar en el Cónclave tomaron un poco de tiempo para dialogar y escucharse.”

Al final de su lección al Clero romano, Benedicto XVI hace hincapié sobre la distancia entre el Concilio de los Padres y aquello de los medios. Una distancia lamentablemente evidente aún ahora ...

“Paradójicamente aún más que hoy. De hecho el influjo de los medios sobre la conciencia de la gente es claramente más grande ahora que hace cincuenta años. Es grande el riesgo que también entre los mismos creyentes se realice una idea de Iglesia y de relación entre obispos y cardenales que no sea según lógicas de fe sino políticas. De hecho el Papa al final de este discurso hizo entender la influencia que esa posición tuvo en el post-Concilio, donde las temáticas se han desarrollado según una lógica del mundo y no aquella de fe. Por ejemplo, Benedicto XVI habla de la liturgía: el interés que la liturgía no fuese una ceremonia reservada solamente para los sacerdotes se convirtió en una visión horizontalista y casi activista, es decir casi una expresión más de nuestro sentimiento que del efectivo Misterio que allí se cumple. O la idea de la “colegialidad” de los Obispos: era un concepto teológico, es decir el hecho que la Iglesia está encomendada al sucesor de Pedro y también a todos los Obispos. He aquí, ésto ha sido releído según los cánones del democratismo y del “parlamentarismo”.”

Quedando en el tema de la “colegialidad”, interesante es lo que decía el Papa sobre la Iglesia, que justo en aquel Concilio se descubrió en su naturaleza de «Cuerpo Místico de Cristo»: «no es una organización, algo estructural, jurídico, institucional —también es esto—, sino que es un organismo, una realidad vital, que entra en mi alma, de manera que yo mismo, precisamente con mi alma creyente, soy elemento constructivo de la Iglesia como tal». Y de aquí llega pues a afirmar la importancia de la “colegialidad”. Ayúdenos a comprender el valor de esta palabra, entonces como ahora.

““Colegialidad” quiere decir respetar la estructura que Cristo quiso dar a su Iglesia ya desde el principio, es decir quiso llamar a 12 apóstoles: no uno solamente, ni tantos indiscriminadamente, sino algunos hombres que fuesen el signo vivo e importante de su Presencia. Por tanto la Iglesia descubriendo la “colegialidad” ha descubierto una categoría que en el Concilio tal vez no fue muy desarrollada, pero es muy importante: la Iglesia como comunión. Esto vale como estructura jerárquica de la Iglesia, y para cada fiel también: es una comunión donde también cada bautizado con su fe y su sí edifica este cuerpo.”

Pero, el Papa, cerrando su discurso, sorprendió a todos: «Me parece que, 50 años después del Concilio, vemos cómo este Concilio virtual se rompe, se pierde, y aparece el verdadero Concilio con toda su fuerza espiritual». ¿En base a que puede proclamar su victoria?

“En estos últimos treinta años hemos sido testigos de algunas devastaciones o calamidades (como les llama Ratziger) que este post-Concilio virtual ha generado, es verdad. Pero hemos visto también una mayor reactivación de la conciencia por parte del laicado: el papado de Juan Pablo II y aquello de Benedicto XVI fueron generadores de una reactivación de conciencia y de vida del pueblo cristiano, a nivel de parroquias, asociaciones, movimientos ... Aquí se vive un camino de fe que tal vez hoy, respecto a hace 50 años, es más limitado como número, pero más profundo y más sentido respecto a un catolicismo de tradición: era dominante a nivel exterior en el segundo posguerra, pero ya entonces escondía unas grietas. Bajo los últimos dos pontificados salieron con toda su belleza algunas señales inequívocas de vida.”


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El texto es español está abajo

VIVA IL CONCILIO CATTOLICAMENTE INTERPRETATO
Antonio Socci | 02.06.2015

Il sito ufficiale della Fraternità San Pio X (cioè i lefebvriani) mi attacca. Con tutto quello che sta succedendo nella Chiesa attaccano me. Mi pare interessante (la dice lunga sulle loro priorità).
Non mi sorprende, anche perché da quell’ambiente vennero già i primi fulmini sul mio libro “Non è Francesco”.

Ho sempre ritenuto i lefebvriani l’altra faccia della medaglia dei cattoprogressisti: entrambi interpretano il Concilio Vaticano II come una rottura del cammino della Chiesa.
Entrambi, lefebvriani e cattoprogressisti, hanno in Ratzinger e Wojtyla i loro avversari perché questi due grandi papi e uomini di Dio hanno indicato la vera interpretazione del Concilio, come una riforma nella continuità.

Io sono un convintissimo sostenitore dell’ermeneutica dei due grandi papi, che poi è l’ermeneutica della Chiesa Cattolica. Ritengo cioè che il Concilio Vaticano II sia uno dei tanti Concili della Chiesa, DA LEGGERE DUNQUE DENTRO TUTTA LA SUA TRADIZIONE.

Cosicché anche eventuali punti critici (e pure io ne ho rilevati diversi) o espressioni che si prestano a interpretazioni sbagliate (perché si scelse di scrivere quei testi in uno stile letterario molto bello, ma che è suscettibile di forzature), trovano nel Magistero di sempre della Chiesa la loro giusta lettura e correzione.

I pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno provvidenzialmente corretto le interpretazioni “moderniste” che avevano portato – fra l’altro – anche ai noti e tristissimi abusi liturgici.
In questo senso viva il Concilio che ci è stato fatto conoscere e apprezzare da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI.

I lefebvriani attaccarono il mio libro “Non è Francesco” proprio perché iniziava col capitolo “Viva il Concilio”. E anche oggi mi attaccano per un articolo dove affermo che la tragedia della Chiesa non è stata il Concilio, ma il postConcilio.

A questi signori rispondo con una sola, semplice domanda:

SE LA TRAGEDIA DELLA CHIESA E’ RAPPRESENTATA DAL CONCILIO E DAI DOCUMENTI DEL CONCILIO, COME DICONO LORO, PERCHE’ MONS. LEFEBVRE FIRMO’ TUTTI I DOCUMENTI DEL CONCILIO STESSO?

Si attendono risposte. In genere le risposte, molto imbarazzate, sono di questo tipo: sì, li ha firmati, ma aveva già visto che c’erano dei grossi problemi, che sono poi venuti in piena luce solo qualche tempo dopo. Ma allora non vedete che ho ragione io, cioè che il problema è rappresentato dal postconcilio?

E’ esattamente quello che ci hanno insegnato Joseph Ratzinger e Karol Wojtyla, ovvero che stavano imperversando interpretazioni sbagliate del Concilio, che andavano contro il Magistero di sempre della Chiesa e che si dovevano interpretare e applicare i documenti del Concilio stesso secondo il magistero cattolico.

La strada è quella tracciata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, non certo da quei lefebvriani che sono più lefebvriani di Lefebvre stesso.

Peraltro quegli ambienti oggi sembrano curiosamente “indulgenti” nei confronti di papa Bergoglio che, diversamente dai predecessori, sta ridando fiato e spazio al cattoprogressismo che voleva usare il Concilio per rompere con la tradizione cattolica e il magistero millenario della Chiesa.

A leggere le cose che scrivono certi lefebvriani sembra che sia Benedetto XVI il loro vero avversario. Perché? Sarebbe interessante capirlo. Con Benedetto XVI la ricucitura con tutta la tradizione era compiuta e la Fraternità San Pio X aveva un’occasione storica per riconciliarsi con tutta la Chiesa.
Oggi costoro dovrebbero fare una dura autocritica per aver rifiutato quella porta aperta che a papa Benedetto era costata attacchi furibondi… Di certo tante persone che sbagliando erano andati con i lefebvriani, grazie a Benedetto XVI tornavano nel seno della Chiesa con tutto il cuore. E’ questo che non perdonano a Ratzinger?

Bergoglio invece sta creando un enorme smarrimento fra i cattolici. Forse qualche lefebvriano pensa così di poter avere intere praterie da conquistare per ampliare l’orticello? Per questo sono così silenti nell’attuale dramma della Chiesa?

Spero non diano prova di tanta miopia. Ma dire oggi – come loro dicono – che “il problema non è Bergoglio”, ma il problema è il Concilio di cui Bergoglio è solo la “conseguenza”, significa di fatto legittimare (direi quasi esaltare involontariamente) quello che sta facendo l’attuale “vescovo di Roma” come frutto perfetto del Concilio Vaticano II. Cosa che non è affatto !!! Tutt’altro!
Con tali tesi i lefebvriani finiscono per rappresentare oggettivamente un prezioso supporto di papa Bergoglio. Complimenti!

Del resto non ci sarebbe nemmeno da stupirsi di un accordo fra la S. Pio X e papa Bergoglio perché non credo che costui richiederebbe loro l’adesione al Vaticano II (ritenendolo superato): non avrebbero divergenze dottrinali come avevano con Benedetto XVI perché a papa Bergoglio della dottrina importa assai poco.

Così, in odio al Vaticano II, i lefebvriani potrebbero finire per legittimare silenziosamente il Concilio Vaticano III che Bergoglio sta realizzando.
Dimmi con chi vai…..
Antonio Socci

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(español) Traducción de David

VIVA EL CONCILIO CATÓLICAMENTE INTERPRETADO
Antonio Socci | 02.06.2015

El sitio oficial de la Fraternidad San Pío X (es decir los lefebvrianos) me ataca. Con todo lo que está sucediendo en la Iglesia, me atacan. Me parece interesante (eso lo dice todo sobre sus prioridades).
No me sorprende, también porque desde aquel ambiente salieron ya los primeros rayos sobre mi libro “Non è Francesco” (“No es Francisco”).

Siempre he afirmado que los lefebvrianos son la otra cara de medalla de los cato-progresistas: ambos interpretan el Concilio Vaticano II como una ruptura del camino de la Iglesia.
Ambos, lefebvrianos y cato-progresistas, tienen como sus adversarios a Ratzinger y Wojtyla, porque estos dos grandes papas y hombres de Dios nos indicaron la verdadera interpretación del Concilio, como una reforma en la continuidad.

Yo soy un muy convencido sostenedor de la hermenéutica de esos dos grandes papas, que además es la hermenéutica de la Iglesia Católica. Es decir, digo que el Concilio Vaticano II es uno de los tantos Concilios de la Iglesia, DE LEER POR TANTO DENTRO DE SU TRADICIÓN.

Así que también eventuales puntos críticos (y también yo he encontrado varios) o expresiones que se prestan a interpretacions erradas (porque se eligió escribir esos textos con un estilo literario muy bello, pero que es susceptible de interpretaciones forzadas), encuentran en el Magisterio de siempre de la Iglesia su justa lectura y corrección.

Los Pontificados de Juan Pablo II y Benedicto XVI providencialmente corrigieron las interpretaciones “modernistas” que habían llevado – entre otras cosas – también a los conocidos y tristísimos abusos litúrgicos.

En este sentido viva el Concilio que nos ha sido hecho conocer y apreciar por Juan Pablo II y por Benedicto XVI.

Los lefebvrianos atacaron mi libro “Non è Francesco” precisamente porque empezaba con el capítulo “Viva el Concilio”. Y también hoy me atacan por un artículo donde afirmo que la tragedia de la Iglesia no fue el Concilio, sino el post-Concilio.

A esos señores les contesto con una sola, simple pregunta:
SI LA TRAGEDIA DE LA IGLESIA ES REPRESENTADA POR EL CONCILIO Y POR LOS DOCUMENTOS DEL CONCILIO, COMO ELLOS DICEN, ¿POR QUÉ MONS. LEFEBVRE FIRMÓ TODOS LOS DOCUMENTOS DE ESE MISMO CONCILIO?
Se esperan respuestas. En general las respuestas, muy incómodas, son de este tipo: sí, los firmó, pero ya había visto que hubo grandes problemas, que sucesivamente salieron a la luz solo después de algún tiempo. Pero, entonces, ¿no veis que yo tengo razón, es decir que el problema es representado por el post-Concilio?

Es exactamente lo que nos enseñaron Joseph Ratzinger y Karol Wojtila, o sea que estaban arreciando interpretaciones erradas del Concilio, que iban en contra del Magisterio de siempre de la Iglesia, y que se debían interpretar y aplicar los documentos del mismo Concilio según el Magisterio Católico.
El camino es aquéllo enseñado por Juan Pablo II y Benedicto XVI, y por cierto no aquéllo de esos lefebvrianos que son más lefebvrianos que Lefebvre mismo.

Además, esos ambientes hoy parecen curiosamente “indulgentes” hacia el papa Bergoglio que, diferentemente de sus predecesores, está dando nuevamente aliento y espacio al cato-progresismo el cual quería usar el Concilio para romper con la Tradición Católica y el Magisterio milenario de la Iglesia.

Leyendo lo que escriben ciertos lefebvrianos parece que sea Benedicto XVI su primer y verdadero adversario. ¿Por qué? Sería interesante entenderlo. Con Benedicto XVI la reconciliación con toda la Tradición se había cumplido y la Fraternidad San Pío X tenía una ocasión histórica para reconciliarse con toda la Iglesia.

Hoy en día, ellos deberían hacer una dura autocrítica por haber rechazado aquella puerta abierta y que al Papa Benedicto le había costado ataques furibundos... Por cierto, tantas personas que errando se habían ido con los lefebvrianos, gracias a Benedicto XVI se volvieron al seno de la Iglesia con todo su corazón. ¿Es ésto lo que no le perdonan a Ratzinger?

Bergoglio, en cambio, está creando un enorme desconcierto entre los católicos. ¿Quizás algún lefebvriano piensa de esta manera de tener enteras praderas de conquistar para ampliar su huerto? ¿Por ésto están tan silentes en el actual drama de la Iglesia?

Espero no den prueba de tan miopía. Pero, decir hoy – como ellos dicen – que “el problema no es Bergoglio”, sino el Concilio, del cual Bergoglio es solamente la “consecuencia”, signífica de hecho legitimar (diría casi exaltar involuntariamente) lo que está haciendo el acutal “obispo de Roma”, como fruto perfecto del Concilio Vaticano II. ¡¡¡Lo que no es para nada!!! ¡Todo lo contrario!
Con tales tesis los lefebvrianos llegan a representar objetivamente un precioso apoyo para el papa Bergoglio. ¡Felicidades!

Además, tampoco hay que sorprenderse de un acuerdo entre la San Pío X y el papa Bergoglio, porque no creo que éste pediría a ellos la adhesión al Vaticano II (considerándolo superado): no estarían divergencias doctrinales como las que estaban con Benedicto XVI porque al papa Bergoglio le importa muy poco de la Doctrina.

Así, con odio al Vaticano II, los lefebvrianos podrían llegar a legitimar silenciosamente el Concilio Vaticano III que Bergoglio está realizando.
Dime con quien andas ....
Antonio Socci


1 commento:

  1. Interesante e intensa esta entrada sobre el Concilio Vaticano II que tanto bien hizo a la Iglesia.Besicos

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Grazie per la visita.
Gracias por la visita.

Coroncina alla Divina Misericordia

Coroncina della Divina Misericordia
(Dice Gesù a Santa Faustina Kowalska): “Oh! che grandi grazie concederò alle anime che reciteranno questa coroncina” (Diario, 848). “Con essa otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla mia volontà”. (Diario, 1731). “Recita continuamente la coroncina che ti ho insegnato. Chiunque la reciterà, otterrà tanta Misericordia nell’ora della morte. ” Gesù ha raccomandato di recitare la coroncina a qualsiasi ora ma in particolare nell'ora della propria morte, ossia le 3 del pomeriggio, che Lui stesso ha chiamato un'ora di grande misericordia per il mondo intero. "In quell'ora dice Gesù non rifiuterò nulla all'anima che Mi prega per la Mia Passione" (Diario, 687)..

Coronilla de la Divina Misericordia

Coronilla de la Divina Misericordia
(Dice Gesù a Santa Faustina Kowalska)“Por el rezo de este Rosario, me complace dar todo lo que me pidan. Quien lo rece, alcanzará gran Misericordia en la hora de su muerte. Aunque sea un pecador empedernido, si reza este Rosario, aunque sea una sola vez, logrará la gracia de mi infinita Misericordia”.“Si se reza este Rosario delante de los moribundos, se calma la ira de Dios, y su insondable Misericordia se apodera de su alma. Cuando recen este Rosario al lado del moribundo, me pondré entre el Padre y el alma moribunda, no como justo Juez, sino como Redentor Misericordioso”.

"Se stai cercando Dio e non sai da che parte cominciare, impara a pregare e assumiti l'impegno di farlo ogni giorno..."(Teresa di Calcutta)

Si estás buscando a Dios y no sabes como empezar, aprende a rezar, asume el compromiso de hacerlo cada día...(Teresa de Calcuta)

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