Cari amici e care amiche,
Queridas amigas y queridos amigos:
La frase della settimana d’oggi è quella proposta dal Papa nel suo messaggio per questa Quaresima:
La frase de la semana de hoy es la cita biblica propuesta por el Papa en su mensaje para esta Cuaresma:
"Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone" (Eb 10, 24)
«Fijémonos los unos en los otros para estímulo de la caridad y las buenas obras» (Hb 10, 24)
Frammento Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima
"Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone" (Eb 10, 24)
Fratelli e sorelle,
la Quaresima ci offre ancora una volta l'opportunità di riflettere sul cuore della vita cristiana: la carità. Infatti questo è un tempo propizio affinché, con l'aiuto della Parola di Dio e dei Sacramenti, rinnoviamo il nostro cammino di fede, sia personale che comunitario. È un percorso segnato dalla preghiera e dalla condivisione, dal silenzio e dal digiuno, in attesa di vivere la gioia pasquale. Quest'anno desidero proporre alcuni pensieri alla luce di un breve testo biblico tratto dalla Lettera agli Ebrei: "Prestiamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone" (10, 24)…
1. "Prestiamo attenzione": la responsabilità verso il fratello.
Il primo elemento è l'invito a "fare attenzione": il verbo greco usato è katanoein, che significa osservare bene, essere attenti, guardare con consapevolezza, accorgersi di una realtà. Lo troviamo nel Vangelo, quando Gesù invita i discepoli a "osservare" gli uccelli del cielo, che pur senza affannarsi sono oggetto della sollecita e premurosa Provvidenza divina (cfr. Lc 12, 24), e a "rendersi conto" della trave che c'è nel proprio occhio prima di guardare alla pagliuzza nell'occhio del fratello (cfr. Lc 6, 41)...
Il Servo di Dio Paolo VI affermava che il mondo soffre oggi soprattutto di una mancanza di fraternità: "Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli" (Lett. enc. Populorum progressio [26 marzo 1967], n. 66).
L'attenzione all'altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è "buono e fa il bene" (Sal 119, 68). Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. La Sacra Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di "anestesia spirituale" che rende ciechi alle sofferenze altrui. L'evangelista Luca riporta due parabole di Gesù in cui vengono indicati due esempi di questa situazione che può crearsi nel cuore dell'uomo. In quella del buon Samaritano, il sacerdote e il levita "passano oltre", con indifferenza, davanti all'uomo derubato e percosso dai briganti (cfr. Lc 10, 30-32), e in quella del ricco epulone, quest'uomo sazio di beni non si avvede della condizione del povero Lazzaro che muore di fame davanti alla sua porta (cfr. Lc 16, 19). In entrambi i casi abbiamo a che fare con il contrario del "prestare attenzione", del guardare con amore e compassione. Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l'anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di "avere misericordia" verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero. Invece proprio l'umiltà di cuore e l'esperienza personale della sofferenza possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all'empatia: "Il giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione" (Pr 29, 7). Si comprende così la beatitudine di "coloro che sono nel pianto" (Mt 5, 4), cioè di quanti sono in grado di uscire da se stessi per commuoversi del dolore altrui. L'incontro con l'altro e l'aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine.
2."Gli uni agli altri": il dono della reciprocità.
Tale "custodia" verso gli altri contrasta con una mentalità che, riducendo la vita alla sola dimensione terrena, non la considera in prospettiva escatologica e accetta qualsiasi scelta morale in nome della libertà individuale. Una società come quella attuale può diventare sorda sia alle sofferenze fisiche, sia alle esigenze spirituali e morali della vita. Non così deve essere nella comunità cristiana! L'apostolo Paolo Invita a cercare ciò che porta "alla pace e alla edificazione vicendevole" (Rm 14, 19), giovando al "prossimo nel bene, per edificarlo" (ibid. 15, 2), senza cercare l'utile proprio "ma quello di molti, perché giungano alla salvezza" (1 Cor 10, 33). Questa reciproca correzione ed esortazione, in spirito di umiltà e di carità, deve essere parte della vita della comunità cristiana…
«Le varie membra abbiano cura le une delle altre»(1 Cor 12,25), afferma San Paolo, perché siamo uno stesso corpo. La carità verso i fratelli, di cui è un’espressione l'elemosina - tipica pratica quaresimale insieme con la preghiera e il digiuno - si radica in questa comune appartenenza. Anche nella preoccupazione concreta verso i più poveri ogni cristiano può esprimere la sua partecipazione all'unico corpo che è la Chiesa. Attenzione agli altri nella reciprocità è anche riconoscere il bene che il Signore compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che il Dio buono e onnipotente continua a operare nei suoi figli. Quando un cristiano scorge nell'altro l'azione dello Spirito Santo, non può che gioirne e dare gloria al Padre celeste (cfr Mt 5,16)…
Con l'augurio di una santa e feconda Quaresima, vi affido all'intercessione della Beata Vergine Maria e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.
Mensaje de Benedicto XVI para la Cuaresma
«Fijémonos los unos en los otros para estímulo de la caridad y las buenas obras» (Hb 10, 24)
Queridos hermanos y hermanas:
La Cuaresma nos ofrece una vez más la oportunidad de reflexionar sobre el corazón de la vida cristiana: la caridad. En efecto, este es un tiempo propicio para que, con la ayuda de la Palabra de Dios y de los Sacramentos, renovemos nuestro camino de fe, tanto personal como comunitario. Se trata de un itinerario marcado por la oración y el compartir, por el silencio y el ayuno, en espera de vivir la alegría pascual.
Este año deseo proponer algunas reflexiones a la luz de un breve texto bíblico tomado de la Carta a los Hebreos: «Fijémonos los unos en los otros para estímulo de la caridad y las buenas obras» (10,24)...
1. “Fijémonos”: la responsabilidad para con el hermano.
El primer elemento es la invitación a «fijarse»: el verbo griego usado es katanoein, que significa observar bien, estar atentos, mirar conscientemente, darse cuenta de una realidad. Lo encontramos en el Evangelio, cuando Jesús invita a los discípulos a «fijarse» en los pájaros del cielo, que no se afanan y son objeto de la solícita y atenta providencia divina (cf. Lc 12,24), y a «reparar» en la viga que hay en nuestro propio ojo antes de mirar la brizna en el ojo del hermano (cf. Lc 6,41)…
El Siervo de Dios Pablo VI afirmaba que el mundo actual sufre especialmente de una falta de fraternidad: «El mundo está enfermo. Su mal está menos en la dilapidación de los recursos y en el acaparamiento por parte de algunos que en la falta de fraternidad entre los hombres y entre los pueblos» (Carta. enc. Populorum progressio [26 de marzo de 1967], n. 66).
La atención al otro conlleva desear el bien para él o para ella en todos los aspectos: físico, moral y espiritual. La cultura contemporánea parece haber perdido el sentido del bien y del mal, por lo que es necesario reafirmar con fuerza que el bien existe y vence, porque Dios es «bueno y hace el bien» (Sal 119,68). El bien es lo que suscita, protege y promueve la vida, la fraternidad y la comunión. La responsabilidad para con el prójimo significa, por tanto, querer y hacer el bien del otro, deseando que también él se abra a la lógica del bien; interesarse por el hermano significa abrir los ojos a sus necesidades. La Sagrada Escritura nos pone en guardia ante el peligro de tener el corazón endurecido por una especie de «anestesia espiritual» que nos deja ciegos ante los sufrimientos de los demás. El evangelista Lucas refiere dos parábolas de Jesús, en las cuales se indican dos ejemplos de esta situación que puede crearse en el corazón del hombre. En la parábola del buen Samaritano, el sacerdote y el levita «dieron un rodeo», con indiferencia, delante del hombre al cual los salteadores habían despojado y dado una paliza (cf. Lc 10,30-32), y en la del rico epulón, ese hombre saturado de bienes no se percata de la condición del pobre Lázaro, que muere de hambre delante de su puerta (cf. Lc 16,19). En ambos casos se trata de lo contrario de «fijarse», de mirar con amor y compasión. ¿Qué es lo que impide esta mirada humana y amorosa hacia el hermano? Con frecuencia son la riqueza material y la saciedad, pero también el anteponer los propios intereses y las propias preocupaciones a todo lo demás. Nunca debemos ser incapaces de «tener misericordia» para con quien sufre; nuestras cosas y nuestros problemas nunca deben absorber nuestro corazón hasta el punto de hacernos sordos al grito del pobre. En cambio, precisamente la humildad de corazón y la experiencia personal del sufrimiento pueden ser la fuente de un despertar interior a la compasión y a la empatía: «El justo reconoce los derechos del pobre, el malvado es incapaz de conocerlos» (Pr 29,7). Se comprende así la bienaventuranza de «los que lloran» (Mt 5,4), es decir, de quienes son capaces de salir de sí mismos para conmoverse por el dolor de los demás. El encuentro con el otro y el hecho de abrir el corazón a su necesidad son ocasión de salvación y de bienaventuranza…
2. “Los unos en los otros”: el don de la reciprocidad.
Este ser «guardianes» de los demás contrasta con una mentalidad que, al reducir la vida sólo a la dimensión terrena, no la considera en perspectiva escatológica y acepta cualquier decisión moral en nombre de la libertad individual. Una sociedad como la actual puede llegar a ser sorda, tanto ante los sufrimientos físicos, como ante las exigencias espirituales y morales de la vida. En la comunidad cristiana no debe ser así. El apóstol Pablo invita a buscar lo que «fomente la paz y la mutua edificación» (Rm 14,19), tratando de «agradar a su prójimo para el bien, buscando su edificación» (ib. 15,2), sin buscar el propio beneficio «sino el de la mayoría, para que se salven» (1 Co 10,33). Esta corrección y exhortación mutua, con espíritu de humildad y de caridad, debe formar parte de la vida de la comunidad cristiana…
Que todos los miembros se preocupen los unos de los otros» (1 Co 12,25), afirma san Pablo, porque formamos un solo cuerpo. La caridad para con los hermanos, una de cuyas expresiones es la limosna —una típica práctica cuaresmal junto con la oración y el ayuno—, radica en esta pertenencia común. Todo cristiano puede expresar en la preocupación concreta por los más pobres su participación del único cuerpo que es la Iglesia. La atención a los demás en la reciprocidad es también reconocer el bien que el Señor realiza en ellos y agradecer con ellos los prodigios de gracia que el Dios bueno y todopoderoso sigue realizando en sus hijos. Cuando un cristiano se percata de la acción del Espíritu Santo en el otro, no puede por menos que alegrarse y glorificar al Padre que está en los cielos (cf. Mt 5,16)…
Con mis mejores deseos de una santa y fecunda Cuaresma, os encomiendo a la intercesión de la Santísima Virgen María y de corazón imparto a todos la Bendición Apostólica.
Vaticano, 3 de noviembre de 2011
Vi abbraccio e auguro Buona settimana!
Bisogna essere pronti a convertirci, cioè cambiare radicalmente...questo è il messaggio della Quaresima appena iniziata e le parole di Benedetto XVI non fanno che rimarcarlo!
RispondiEliminaBuon inizio settimana.
al giorno d'oggi sembrano non esistere più la fraternità e l'aiuto reciproco...peccato perché insieme si è più forti...speriamo che questa quaresima ci apra i cuori!
RispondiEliminaBaci Baci
Cara Mirta, non capisco perché trovo molta difficoltà nel tuo blog, forse è perché è molto pesante con tante cose che si devono aprire, vediamo se riesco con questo commento. Buona settimana cara amica.
RispondiEliminaTomaso
Caro Tomaso li ho fatto l'impostazione per fare che si carichino nel home page un numero minore di posts... dimmi se va meglio.
Eliminabuonissima settimana, cara Mirta!!!!!! un bacione Lory
RispondiEliminaBuongiorno cara Mirta, ti auguro una buona settimana.
RispondiEliminaCiao cara Mirta, grazie per gli auguri a mio fratello...per quanto riguarda il tuo post dico solo che basterebbe poco per avere un mondo migliore...basterebbe che tutti sapessimo il significato della parola AMORE. Un abbraccio, Anna
RispondiEliminaGrazie mille della vostra visita, pensiamo su questa frase sottolineata dal Papa e cerchiemo di stare attenti ai nostri fratelli. Un carissimo saluto!
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