2011-10-12 Radio Vaticana
Il Papa, durante l’udienza generale del 12 ottobre scorso, ha proseguito le sue catechesi sulla preghiera commentando il Salmo 126, “un Salmo dalle note festose, una preghiera che, nella gioia, canta le meraviglie di Dio” e “che celebra le grandi cose che il Signore ha operato con il suo popolo e che continuamente opera con ogni credente”.
“Il Salmista, a nome di tutto Israele – ha detto il Pontefice - inizia la sua preghiera ricordando l’esperienza esaltante della salvezza:
«Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,la nostra lingua di gioia» (vv. 1-2a).
Il Salmo parla di una “sorte ristabilita”, cioè restituita allo stato originario, in tutta la sua precedente positività. Si parte, cioè, da una situazione di sofferenza e di bisogno a cui Dio risponde operando salvezza e riportando l’orante alla condizione di prima, anzi arricchita e cambiata in meglio. È quello che avviene a Giobbe, quando il Signore gli ridona tutto quanto aveva perduto, raddoppiandolo ed elargendo una benedizione ancora maggiore (cfr Gb 42,10-13), ed è quanto sperimenta il popolo d’Israele ritornando in patria dall’esilio babilonese. E’ proprio in riferimento alla fine della deportazione in terra straniera che viene interpretato questo Salmo: l’espressione “ristabilire la sorte di Sion” è letta e compresa dalla tradizione come un “far tornare i prigionieri di Sion”. In effetti, il ritorno dall’esilio è paradigma di ogni intervento divino di salvezza perché la caduta di Gerusalemme e la deportazione a Babilonia sono state un’esperienza devastante per il popolo eletto, non solo sul piano politico e sociale, ma anche e soprattutto sul piano religioso e spirituale. La perdita della terra, la fine della monarchia davidica e la distruzione del Tempio appaiono come una smentita delle promesse divine, e il popolo dell’alleanza, disperso tra i pagani, si interroga dolorosamente su un Dio che sembra averlo abbandonato. Perciò, la fine della deportazione e il ritorno in patria sono sperimentati come un meraviglioso ritorno alla fede, alla fiducia, alla comunione con il Signore; è un “ristabilimento della sorte” che implica anche conversione del cuore, perdono, ritrovata amicizia con Dio, consapevolezza della sua misericordia e rinnovata possibilità di lodarLo (cfr Ger 29,12-14; 30,18-20; 33,6-11; Ez 39,25-29). Si tratta di un’esperienza di gioia straripante, di sorrisi e grida di giubilo, talmente bella che “sembra di sognare”. Gli interventi divini hanno spesso forme inaspettate, che vanno al di là di quanto l’uomo possa immaginare; ecco allora la meraviglia e la letizia che si esprimono nella lode: “Il Signore ha fatto grandi cose”. È quanto dicono le nazioni, ed è quanto proclama Israele:«Allora si diceva tra le genti:
“Il Signore ha fatto grandi cose con loro”.Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia» (vv. 2b-3).Dio fa meraviglie nella storia degli uomini. Operando la salvezza, si rivela a tutti come Signore potente e misericordioso, rifugio dell’oppresso, che non dimentica il grido dei poveri (cfr Sal 9,10.13), che ama la giustizia e il diritto e del cui amore è piena la terra (cfr Sal 33,5). Perciò, davanti alla liberazione del popolo di Israele, tutte le genti riconoscono le cose grandi e stupende che Dio compie per il suo popolo e celebrano il Signore nella sua realtà di Salvatore. E Israele fa eco alla proclamazione delle nazioni, e la riprende ripetendola, ma da protagonista, come diretto destinatario dell’azione divina: «Grandi cose ha fatto il Signore per noi»; “per noi”, o ancor più precisamente, “con noi”, in ebraico ‘immanû, affermando così quel rapporto privilegiato che il Signore intrattiene con i suoi eletti e che troverà nel nome Immanuel, “Dio con noi”, con cui viene chiamato Gesù, il suo culmine e la sua piena manifestazione (cfr Mt 1,23)”.
Il Papa ha quindi sottolineato che “nella nostra preghiera dovremmo guardare più spesso a come, nelle vicende della nostra vita, il Signore ci ha protetti, guidati, aiutati e lodarlo per quanto ha fatto e fa per noi”. “Dobbiamo essere più attenti alle cose buone che il Signore ci dà – ha proseguito a braccio il Papa - Siamo sempre attenti ai problemi, alle difficoltà e quasi non vogliamo percepire che ci sono cose belle che vengono dal Signore. Questa attenzione che diventa gratitudine è molto importante per noi e ci crea una memoria del bene che ci aiuta anche nelle ore buie”. “Dio – ha aggiunto - compie cose grandi, e chi ne fa esperienza è … ricolmo di gioia. Su questa nota festosa si conclude la prima parte del Salmo. Essere salvati e tornare in patria dall’esilio è come essere ritornati alla vita: la liberazione apre al sorriso, ma insieme all’attesa di un compimento ancora da desiderare e da domandare”. Il Papa ha poi è passato alla seconda parte del Salmo:
«Ristabilisci, Signore, la nostra sorte, come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni» (vv. 4-6).“Se all’inizio della sua preghiera – ha affermato - il Salmista celebrava la gioia di una sorte ormai ristabilita dal Signore, ora invece la chiede come qualcosa ancora da realizzare. Se si applica questo Salmo al ritorno dall’esilio, questa apparente contraddizione si spiegherebbe con l’esperienza storica, fatta da Israele, di un ritorno in patria difficile, solo parziale, che induce l’orante a sollecitare un ulteriore intervento divino per portare a pienezza la restaurazione del popolo.
Ma il Salmo va oltre il dato puramente storico per aprirsi a dimensioni più ampie, di tipo teologico. L’esperienza consolante della liberazione da Babilonia è comunque ancora incompiuta, “già” avvenuta, ma “non ancora” contrassegnata dalla definitiva pienezza. Così, mentre nella gioia celebra la salvezza ricevuta, la preghiera si apre all’attesa della realizzazione piena. Per questo il Salmo utilizza immagini particolari, che, con la loro complessità, rimandano alla realtà misteriosa della redenzione, in cui si intrecciano dono ricevuto e ancora da attendere, vita e morte, gioia sognante e lacrime penose. La prima immagine fa riferimento ai torrenti secchi del deserto del Neghev, che con le piogge si riempiono di acqua impetuosa che ridà vita al terreno inaridito e lo fa rifiorire. La richiesta del Salmista è dunque che il ristabilimento della sorte del popolo e il ritorno dall’esilio siano come quell’acqua, travolgente e inarrestabile, e capace di trasformare il deserto in una immensa distesa di erba verde e di fiori.
La seconda immagine si sposta dalle colline aride e rocciose del Neghev ai campi che i contadini coltivano per trarne il cibo. Per parlare della salvezza, si richiama qui l’esperienza che ogni anno si rinnova nel mondo agricolo: il momento difficile e faticoso della semina e poi la gioia prorompente del raccolto. Una semina che è accompagnata dalle lacrime, perché si getta ciò che potrebbe ancora diventare pane, esponendosi a un’attesa piena di incertezze: il contadino lavora, prepara il terreno, sparge il seme, ma – ha detto il Papa - non sa dove questo seme cadrà, se gli uccelli lo mangeranno, se attecchirà, se metterà radici, se diventerà spiga (cfr Mt 13,3-9; Mc 4,2-9; Lc 8,4-8). Gettare il seme è un gesto di fiducia e di speranza; è necessaria l’operosità dell’uomo, ma poi si deve entrare in un’attesa impotente, ben sapendo che molti fattori saranno determinanti per il buon esito del raccolto e che il rischio di un fallimento è sempre in agguato. Eppure, anno dopo anno, il contadino ripete il suo gesto e getta il suo seme. E quando questo diventa spiga, e i campi si riempiono di messi, ecco la gioia di chi è davanti a un prodigio straordinario. Gesù conosceva bene questa esperienza e ne parlava con i suoi: «Diceva: “Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,26-27). È il mistero nascosto della vita, sono le meravigliose “grandi cose” della salvezza che il Signore opera nella storia degli uomini e di cui gli uomini ignorano il segreto. L’intervento divino, quando si manifesta in pienezza, mostra una dimensione prorompente, come i torrenti del Neghev e come il grano nei campi, evocatore quest’ultimo anche di una sproporzione tipica delle cose di Dio: sproporzione tra la fatica della semina e l’immensa gioia del raccolto, tra l’ansia dell’attesa e la rasserenante visione dei granai ricolmi, tra i piccoli semi gettati a terra e i grandi cumuli di covoni dorati dal sole. Alla mietitura, tutto è trasformato, il pianto è finito, ha lasciato il posto a grida di gioia esultante.
A tutto questo fa riferimento il Salmista per parlare della salvezza, della liberazione, del ristabilimento della sorte, del ritorno dall’esilio. La deportazione a Babilonia, come ogni altra situazione di sofferenza e di crisi, con il suo buio doloroso fatto di dubbi e di apparente lontananza di Dio, in realtà, dice il nostro Salmo, è come una semina. Nel Mistero di Cristo, alla luce del Nuovo Testamento, il messaggio si fa ancora più esplicito e chiaro: il credente che attraversa quel buio è come il chicco di grano caduto in terra che muore, ma per dare molto frutto (cfr Gv 12,24); oppure, riprendendo un’altra immagine cara a Gesù, è come la donna che soffre nelle doglie del parto per poter giungere alla gioia di aver dato alla luce una nuova vita (cfr Gv 16,21).
Cari fratelli e sorelle, questo Salmo ci insegna che, nella nostra preghiera, dobbiamo rimanere sempre aperti alla speranza e saldi nella fede in Dio. La nostra storia, anche se segnata spesso da dolore, da incertezze, da momenti di crisi, è una storia di salvezza e di “ristabilimento delle sorti”. In Gesù, ogni nostro esilio finisce, e ogni lacrima è asciugata, nel mistero della sua Croce, della morte trasformata in vita, come il chicco di grano che si spezza nella terra e diventa spiga”. “Anche da noi – ha concluso il Papa a braccio - questa scoperta di Gesù Cristo è la grande gioia del Sì di Dio, del ristabilimento della nostra sorte. Ma quelli ritornati da Babilonia pieni di gioia hanno ritrovato una terra impoverita, devastata, la difficoltà della seminagione” e solo nella sofferenza “alla fine ci sarà la raccolta: così anche noi, dopo la grande scoperta di Gesù Cristo, nostra vita e verità”, entrando “nella terra della fede, troviamo anche spesso una vita buia, dura, difficile, una seminagione con lacrime, ma sicuri che la luce di Cristo ci dà alla fine realmente la grande raccolta. E questo – ha proseguito - dobbiamo imparare anche nelle notti buie, non dimenticare che la luce c’è, che Dio è già in mezzo alla nostra vita e che possiamo seminare nella grande fiducia che il Sì di Dio è più forte di tutti noi”. L’importante – ha sottolineato - è non perdere “questo ricordo della presenza di Dio nella nostra vita, questa gioia profonda che è entrato Dio” ringraziandolo “per la scoperta di Gesù Cristo che è venuto da noi e questa gratitudine si trasforma in speranza”, una “speranza che ci dà la fiducia” e alla fine “proprio il dolore della seminagione” è “l’inizio della nuova vita della grande definitiva gioia di Dio”.
VATICANO, 12 Oct. 11 / 10:19 am (ACI/EWTN Noticias)
El Papa Benedicto XVI dedicó la audiencia general de este miércoles a reflexionar sobre el Salmo 126 "que celebra las grandes cosas que el Señor ha obrado con su pueblo y que obra continuamente con cada creyente" y que recuerda que Dios siempre hace maravillas en la historia de la humanidad.
El Papa Benedicto XVI dedicó la audiencia general de este miércoles a reflexionar sobre el Salmo 126 "que celebra las grandes cosas que el Señor ha obrado con su pueblo y que obra continuamente con cada creyente" y que recuerda que Dios siempre hace maravillas en la historia de la humanidad.
En español el Santo Padre dijo que "este canto nos habla de la alegría del pueblo ante la obra de Dios, que lo restaura después de un momento de crisis en el que ha vivido un profundo sentimiento de abandono".
El Salmo, explicó el Papa en italiano, "habla de una ‘suerte restablecida’, es decir, restituida al estado originario". Y es cuanto experimenta el Pueblo de Israel regresando a su patria del exilio de Babilonia que fue una experiencia devastadora no solo desde el punto de vista político y social, sino también, y sobre todo, religioso y espiritual.
"Las intervenciones divinas a menudo asumen formas inesperadas, que van más allá de cuanto el ser humano pueda imaginar (...) Dios hace maravillas en la historia de la humanidad (...) Se revela como Señor potente y misericordioso, refugio del oprimido que no olvida el grito de los pobres"
Por eso, prosigue el Papa Benedicto XVI, "ante la liberación del pueblo de Israel, todas las gentes reconocen las grandes cosas que Dios cumple para su pueblo y celebran al Señor como Salvador".
Pero el canto va más allá del dato puramente histórico para abrirse, sobre todo en su segunda parte, a una dimensión más amplia de tipo teológico, utilizando imágenes sugestivas que evocan "la realidad misteriosa de la redención en la que se entrelazan el don recibido y el todavía por esperar, vida y muerte".
Los torrentes secos del Negheb simbolizan el obrar divino que como el agua "es capaz de transformar el desierto en un inmenso prado florido"; mientras que en la segunda imagen en que los campesinos cultivan los campos, "para hablar de la salvación se recurre a la experiencia que todos los años se renueva en el mundo de la agricultura: el momento difícil y fatigoso de la siembra y después la alegría de la cosecha (...) La semilla germina y crece".
"Es el misterio escondido de la vida, son las maravillosas ‘grandes cosas’ de la salvación que el Señor lleva a cabo en la historia de la humanidad y de las que los seres humanos ignoran el secreto. La intervención divina, cuando se manifiesta en su plenitud muestra una dimensión arrolladora, como los torrentes del Negheb y como el trigo en los campos, evocador éste último también de la desproporción típica de las cosas de Dios: desproporción entre la fatiga de la siembra y la inmensa alegría de la cosecha".
El Papa dijo luego que "a todo esto recurre el salmista para hablar de la salvación, del restablecimiento de la suerte. La deportación a Babilonia, como cualquier otra situación de sufrimiento y crisis (...) con sus dudas y de lejanía aparente de Dios, en realidad es como una siembra".
"En el misterio de Cristo a la luz del Nuevo Testamento, el mensaje es todavía más explícito: el creyente que atraviesa esa oscuridad es como la semilla que cae a tierra y muere, pero para dar fruto".
Benedicto XVI señala además que "este salmo nos enseña que debemos permanecer siempre abiertos a la esperanza y firmes en la fe en Dios. Nuestra historia, aunque a menudo esté marcada por sinsabores, incertidumbres y momentos de crisis, es una historia de salvación y de ‘restablecimiento de las suertes’".
En Jesús, concluye el Papa, "acaba nuestro exilio, en el misterio de su Cruz, de la muerte transformada en vida, como la semilla de trigo que se rompe en la tierra y se transforma en espiga".
En español el Santo Padre saludó "en particular a las Hermanas de la Sagrada Familia de Urgell, que celebran con gozo la reciente beatificación de su Fundadora, la Madre Anna María Janer, así como a los demás grupos provenientes de España, Argentina, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, México y otros países latinoamericanos. Que Dios os acompañe y llene siempre vuestra vida de alegría y paz. Muchas gracias".
Cara Mirta,ti auguro sempre tanta gioia!Baci,Rosetta
RispondiEliminaCiao cara Mirta eccomi come sempre, buon fine settimana cara amica.
RispondiEliminaTomaso
Grazie, cara, come sempre...
RispondiEliminaStiamo unite in preghiera, per chi soccombe e chi sopravvive alle recenti catastrofi causate UNICAMENTE dall'umana colpa......
Un bacio...
Maddy
Cara Mirta ti auguro un fine settimane di pace e serenità,non dimentichiamo i nostri fratelli della Liguria per la loro tragedia,
RispondiEliminaTiziano.
Il Signore è sempre vicino a noi e occorre invocarlo
RispondiEliminaciao mirta ti auguro un buon fine settimana e prego per i nostri fratelli sconvolti da questo disastro. lory
RispondiEliminaCiao carissima Mirta in questo momento terribile la mia preghiera a Dio è dedicata agli abitanti di Liguria e Toscana!
RispondiEliminaSereno fine settimana a te e alle persone che ami!
Ciao Mitra ti lascio un sorriso e un augurio per una serena domenica.
RispondiEliminaciao Mirta.... cari saluti e buona domenica...luigina
RispondiEliminaCreo que estamos a las puertas de un gran cambio.
RispondiEliminaBuena semana Mirta, besos.
Mi è piaciuta moltissimo questa frase "Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia" perché è piena di speranza.
RispondiEliminaciao Mirta grazie , bellissimo post speriamo che le cose vadano meglio davvero, buona settimana a presto rosa.)
RispondiEliminaGrazie cari amici per i vostri saluti e gentili auguri di buon fine settimana, sono stata molto indaffarata e non ho potuto passare prima dai vostri blog per ricambiare.
RispondiEliminaCerto che rimaniamo uniti in preghiera come avete proposto, senza perdere la speranza.
Carissima Ambra ho sempre presente quella frase del salmo 126,e mi da sempre forza.
Vi abbraccio!!
Si Ion tienes razón, yo pienso lo mismo. Un gran abrazo!